articolo di di Chiara Leopizzi
LECCE – Gianfranco Pecchinenda, preside della facoltà di sociologia
all’università Federico II di Napoli il 27 gennaio scorso ha presentato
il suo ultimo libro Essere Ricardo Montero. A discutere
dell’università del Salento erano presenti Marcello Strazzeri, preside
della facoltà di scienze sociali, politiche e del territorio, e i
professori Mariano Longo, preside del corso di laurea in sociologia, e
Luigi Spedicato; moderava la professoressa Sara Siciliano.
Quest’opera
è un omaggio, un romanzo privato che si da’ a più letture. È un punto
di riferimento per la disperata ricerca di identità, la ricerca di una
istituzione da incolpare. Non è il primo libro che Pecchinenda scrive,
eppure qui c’è il riconoscimento di trattare di narrazione. Si ricorda Uno, nessuno, centomila di Pirandello,
anche se questa non è un’opera tradizionale ma c’è un’illusione
dell’identità delle tecnologie della comunicazione che invece omologano.
Un
romanzo che si legge tutto d’un fiato, che lascia un senso di
smarrimento. È un libro sofferto, sia nella lettura che nella sua
stesura. Vi è un’irruzione continua dell’io narrante, anche attraverso
giochi e riferimenti letterari, giochi delle identità che si
intrecciano. Il professore Longo ha detto al riguardo: “Produce
letteratura attraverso sociologia, produce letteratura attraverso
letteratura.” Al termine del racconto l’omicida, uccidendo tutti gli
altri personaggi, uccide se stesso o non uccide nessuno.
L’autore,
scrivendo il romanzo, attinge da parti di storie vere, infatti dice
che si riconosce in Ricardo Montero. Eppure il personaggio ha
sviluppato una sua autonomia, tanto che si allontana dal suo creatore.
Pecchinenda racconta che il suo motivo di scrivere non è il rivelare,
come molti autori fanno, ma scrive per nascondere, celarsi a causa del
terrore della propria pazzia. Per uno scrittore, a suo dire, se pensa
ad articolare smette di scrivere.
In questo breve lavoro, un po’
giallo e un po’ saggio, irrompe il dramma della contemporaneità, della
novità digitale dell’io, tanto che il protagonista si perde tra
l’essere il personaggio o il suo autore. La memoria, il tempo, la morte
sono elementi chiave di questo libro come pure della ricerca del
sociologo, che afferma: “Non so quando ho smesso di pensare e ho cominciato a sognare.”
Chiara Leopizzi su http://www.unireport.unisalento.it
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