Pecchinenda in «Essere Ricardo Montero» denuncia la crisi dell'analisi scientifica.
Il libro riflette
sull'Io e il doppio
nell'era
tecnologica
Personaggio
in crisi d'identità, vive uno sfasamento esistenziale, proprio come il
suo autore. Chi dei due sia più reale è difficile a dirsi: perchè
Gianfranco Pecchinenda del suo primo primo romanzo Essere Ricardo Montero
(Lavieri editore, pagine 96, euro 8,90) si muove sul confine tra realtà
e immaginazione, tanto da affidare anche la postfazione, ad un
personaggio letterario, tale Augusto Pérez (protagonista di Nebbia dello
scrittore spagnolo Miguel de Unamuno).
Il libro è una parentesi
sulla breve vita di Montero, sulle sue bizzarre origini, da una famiglia
di italiani emigrati in Argentina, e sull'epilogo, quasi inevitabile,
per volontà del suo autore.
Ma la storia di Montero è un pretesto
per parlare del rapporto tra l'io e il suo doppio, con continue
digressioni, sul senso dell'esistenza, sul rapporto con le origini e con
i propri «padri», modelli di vita e di scrittura.
L'assunto di
fondo è che in ogni uomo ci sia una vita segreta e inconfessabile e che
per viverla senza impazzire, occorra affidarsi alla letteratura.
Il
personaggio e il suo autore hanno la stessa dignità d'esistenza, perchè
alla lunga «tutto diventa memoria, e dunque tutto si trasforma in
narrazione, in intrecci più o meno complessi di prodotti
dell'immaginazione ai quali accordiamo, a seconda dei casi, un maggiore o
minore grado di realtà», scrive Pecchinenda, alla sua seconda prova
letteraria, dopo L'ombra più lunga. Tre racconti sul padre (Colonnese 2009).
Sociologo
e preside della facoltà di Sociologia della Federico II, Pecchinenda
sembra trasporre in letteratura i temi cari alla sua analisi
sociologica, con una forma ibrida di narrazione, a metà tra il saggio e
il romanzo, e dando prova di abilità di scrittura.
«E' come se
fossi arrivato a un punto in cui l'analisi scientifica», spiega,«risulta
insufficiente a spiegare il comportamento e la costruzione
dell'identità nell'età contemporanea, soprattutto per le trasformazioni
legate alle nuove tecnologie. Parlare del doppio è un pretesto per
cercare di spiegare a me stesso, con un altro linguaggio, questioni
irrisolvibili con la saggistica. In più c'è anche una passione per la
scrtittura narrativa».
La memoria, il tempo, la morte, sono gli
argomenti-chiave del libro come pure della ricerca dello studioso, che
si è spesso occupato di sociologia della narrazione. E ora che
afferma:«Da qualche anno tendo a fare lo scrittore. Se ci riuscirò o
meno mi è abbastanza indifferente. Quel che per me conta, è l'approccio
diverso, che mi da più stimoli e maggiore soddisfazione. Scrivere è un
modo per conoscersi, e io mi riconosco moltissimo in Ricardo Montero».
Anche
se ricorda molto da vicino i personaggi pirandelliani, a ispirarlo è
stato Emmanuel Bove, «il più grande tra gli scrittori francesi
sconosciuti», ritratto in copertina del libro, che a sua volta riprende
quella di un testo dello spagnolo Enrique Vila-Matas, il dottor Pasavento:
Bove è stato un precursore dell'esistenzialismo. In lui ci sono tutti i
temi che mi appassionano, prima di tutto quello dell'autoanalisi di sé
come se fosse un altro, e poi i problemi dell'autoconoscenza,
dell'auto-riflessione, della solitudine dell'io nella contemporaneità,
con la difficoltà di costruire i rapporti al di la dei ruoli assegnati
nella societài».
da "il Mattino" 7 gennaio 2012 articolo DI IDA PALISI
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